sabato 20 febbraio 2010

Il nanotech alla conquista dello spazio


Il binomio spazio e nanotecnologie, ormai da decenni, è sempre più presente ed attuale nei rinomati laboratori e centri di ricerca tecnologici degli Stati Uniti. Uno dei più prestigiosi centri di ricerca spaziale degli Stati Uniti è il centro spaziale Goddard della NASA.
Il Goddard Space Flight Center della NASA è, infatti, uno dei maggiori laboratori dove si studiano le scienze dello spazio, situato a Greenbelt nel Maryland, il centro, inaugurato il 1º maggio del 1959, è stato dedicato a Robert Goddard, padre della propulsione dei razzi moderni .
Negli ultimi anni, dopo alcune disavventure tecniche degli Shuttle, nasce l’idea di mandare in esplorazione nello spazio sonde automatizzate.
In questo ambito si ripongono molte speranze nelle nanotecnologie, al fine di creare e mandare nello spazio nanorobot in grado di svolgere questo pericoloso lavoro, sostituendo l’azione dell’ uomo.
I dispositivi meccanici in questione, sono chiamati Tetwalker, acronimo che significa tetraedro che cammina. Ricordo che in geometria, un tetraedro è un poliedro con quattro facce triangolari, avente 4 vertici e 6 spigoli. In altre parole il TETwalker è un robot formato da una “struttura piramidale” flessibile che lo rende capace di cambiare forma.
Ciascun vertice della piramide ospita un piccolo motore elettrico su cui terminano assi telescopici in metallo, i motori elettrici servono per accorciare o allungare ciascun lato della piramide, variandone il baricentro, una caratteristica, quest’ultima, che permette al robot di muoversi rotolando su se stesso. La sua particolare struttura lo rende anche capace di variare la propria configurazione, assumendo una forma più o meno appiattita.
Alcuni gruppi di ricerca hanno elaborato nuove idee per la migliore funzionalità dei nanorobot, quali il rimpiazzo dei motorini elettrici con nano strutture elettro-meccaniche e l'inserimento di nanotubi al carbonio al posto degli assi telescopici in metallo.
Le nano strutture elettro-meccaniche possono essere rappresentate dai MEMS, sistemi "intelligenti" che abbinano funzioni elettroniche, di gestione dei fluidi, ottiche, biologiche, chimiche e meccaniche in uno spazio ridottissimo, integrando la tecnologia dei sensori e degli attuatori e le più diverse funzioni di gestione dei processi.
I nanotubi al carbonio, da impiegare in sostituzione degli assi telescopici, derivano da una opportuna combinazione di atomi di carbonio in costruzioni tubolari del diametro dai cinque ai dieci atomi, in modo da ottenere strutture che si comportano elettricamente come un transistor, ed aventi una resistenza meccanica alla trazione 100 volte più grande di quella di una barretta d’acciaio, ma con un peso 6 volte minore.
Questa versione in miniatura di TETwalker, che adotta sistemi micro e nano-elettromeccanici, potrà dare all’innovativo sistema di trazione la possibilità di organizzarsi in strutture più complesse, aprendo la strada a robot capaci di modificarsi autonomamente in base alle esigenze del momento.
A questo punto ci sono tutte le condizioni per fare iniziare l’avventura del nanotech all’interno del nostro sistema solare ed oltre.

domenica 14 febbraio 2010

Digital light processor (DLP)

Un sistema DLP (Digital Light Processing) è una tecnologia ampiamente utilizzata per la proiezione di immagini da un monitor ad un grande schermo. Sviluppato nel 1980 il DLP divenne disponibile in commercio alla fine degli anni 90.
Prima dello sviluppo del sistema DLP, la maggior parte dei sistemi di proiezione del computer si basavano sulla tecnologia LCD che tendeva, però, a generare immagini sfocate e sbiadite. Il DLP utilizza piccoli specchi che sono ospitati su un unico microchip conosciuto con il nome di DMD (Digital Micromirror Device). Il numero di specchi usati in un DMD è proporzionale alla risoluzione della immagine visualizzata, alcune delle più comuni dimensioni sono 800x600, 1024x768, 1280x720 e 1920x1080 (HDTV: High Definition TeleVision). Gli specchi in un DMD possono essere rapidamente riposizionati in modo da riflettere la luce attraverso l'obiettivo. Il chip a micro-specchi battezzato DMD, come già detto, è costituito da una moltitudine di microscopici specchi di 13,7 micron di lato, che possono spostarsi molto rapidamente, circa in 2 micro-secondi, tra due posizioni che formano un angolo di 24°.
Un fascio luminoso che colpisce la superficie di ogni specchio è quindi riflesso verso un obiettivo, andando a formare un quadrato bianco sullo schermo, oppure un quadrato nero al di fuori dell'asse dell'obiettivo. Per quanto detto, ogni specchio funziona come un interruttore di luce che oscilla ad altissima velocità.
Questa tecnologia innovativa è stata ideata dalla Texas Instrument qualche anno fa e solo ultimamente ha ottenuto concreti risultati commerciali, caratterizzando la maggior parte dei proiettori dell'ultima generazione.
Questi dispositivi MEMS ( Micro Electro-Mechanical Systems ) sono costituiti da un grande array di microscopici specchi mobili che sono in grado di cambiare angolo di configurazione fino a 15.000 volte al secondo. Esistono DLP costituiti da un array composto da 1280 x 1024 ossia 1.3 Milioni di specchi che possono essere comandati singolarmente.
Il dispositivo MEMS, per realizzare la proiezione, è illuminato da una luce bianca, che è riflessa verso una lente di uscita se gli specchi si trovano nella configurazione ON, mentre viene riflessa verso un assorbitore di luce se la configurazione degli specchi è OFF. Poiché una configurazione statica degli specchi genererebbe un'immagine in bianco e nero, applicando una modulazione impulsiva (PWM) agli specchi si può ottenere una gradazione di grigio che è proporzionale al tempo in cui lo specchio rimane in posizione ON all'interno del duty-cycle. Modulando opportunamente la vibrazione degli specchi e facendo passare la luce attraverso una color well che contiene i colori primari, si ottiene quindi un'immagine a colori molto ben contrastata, nitida e luminosa. In questo modo è possibile ottenere ottime immagini con risultati migliori del classico proiettore LCD che assorbe maggiormente la luce, e genera maggiori artefatti intorno ai pixel. I perni, che permettono agli specchi di ruotare migliaia di volte al secondo, difficilmente si rompono perché le leggi della meccanica applicate ad oggetti miniaturizzati a livello micrometrico o nanometrico hanno effetti diversi rispetto a quelli del mondo macroscopico.
Un materiale, sottoposto a “fatica”, vale a dire piegato ripetutamente, si rompe a causa dello spostamento dei singoli cristalli che compongono l’interno della sua struttura cristallina. Nel caso del perno del microspecchio, viste le sue dimensioni microscopiche, tutti i cristalli si trovano sulla superficie della struttura, di conseguenza non esiste una struttura di cristalli interni e quindi il fenomeno di stress dovuto allo spostamento non comporta la rottura del materiale. Inoltre gli effetti dovuti alla possibile condensazione dell’umidità sono ridotti poiché il dispositivo è sigillato in ambiente secco in un package ermetico.

domenica 7 febbraio 2010

California ombelico del nanotech


La rivista americana “Small Times” alcuni anni fa ha realizzato un’indagine per stilare una
classifica attendibile dei Top 10 tra gli Stati USA nella corsa a diventare il punto di riferimento nel campo del nanotech.
Per stilare questa speciale classifica “Small Times” ha fatto una analisi statistica per ogni Stato, considerando sei indicatori principali: il livello delle strutture di ricerca, la presenza industriale, la disponibilità di venture capital, l’innovazione, la qualità e la disponibilità della forza lavoro, i costi.
Questi parametri sono stati ponderati in modo da ottenere un punteggio totale per ogni stato variabile tra 100 e 1.
I pesi ponderali considerati in questa analisi statistica sono: la ricerca al 20%, l’industria al 20%, il venture capital al 20%, l’innovazione al 20%, la forza lavoro al 10% ed infine i costi al 10%.
Sulla base di questi indicatori la classifica per le nanotecnologie negli USA risulta essere capeggiata dallo stato della California.
Questo Stato rappresenta un vero e proprio volano per lo sviluppo delle nanotecnologie, poiché al suo interno risiede la Silicon Valley che possiede al massimo grado tutti i fattori indispensabili per favorire iniziative nel campo del nanotech.
Infatti, questi territori hanno le condizioni ottimali per attrarre ricercatori, vista la presenza di prestigiose Università come Stanford o Berkley, l’operatività di importanti aziende high tech e l’attrazione di ingenti Venture Capital (VC), provenienti non solo dal territorio nazionale USA ma da tutto il resto del mondo, anche in periodi economici non particolarmente rosei come gli attuali.
Ricordo che nella Silicon Valley, all'inizio degli anni Sessanta, attraverso aziende come l'Olivetti, gli italiani furono all'avanguardia nello studio del microchip e del mouse ( vedi Federico Faggin ), mentre oggi non hanno alcun rapporto con l'industria del nostro paese.
Questo legame con la rete industriale del proprio paese di origine è un'impresa riuscita con estremo successo ai cinesi, agli indiani e ultimamente anche agli israeliani , che hanno trasformato la loro patria in uno dei maggiori hub tecnologici del pianeta.
Ingegneri della Silicon Valley hanno fatto di città come Shanghai, Mumbai, Bangalore e Tel Aviv, i centri pulsanti della programmazione e della ricerca bioinformatica mondiale, dimostrando che la California era e rimane anche oggi l’ombelico dell’innovazione nanotech.

mercoledì 3 febbraio 2010

Nanotecnologie in BlogMagazine


Un articolo di “Dieci alla meno nove” sulle nanotecnologie è stato pubblicato su BlogMagazine.
BlogMagazine è un progetto di editoria virtuale, in altre parole una rivista elettronica gratuita scritta da soli Blogger fruibile in modalità sfogliabile Flash e in formato PDF.
Questo magazine è rivolto principalmente ai Blogger e a tutte quelle persone che hanno confidenza con tecnologie e servizi disponibili in questo periodo sul web.
Gli articoli pubblicati nella rivista elettronica hanno la peculiarità di essere unici e originali, rilasciati con Licenza Creative Commons, scritti principalmente da Blogger conosciuti nella Blogosfera, selezionati con cura a seconda della rubrica da gestire.
Il magazine inoltre riesce a dare spazio anche a blogger di talento, poco conosciuti sul web tramite una selezione di articoli pervenuti in redazione, sperimentando in questo modo la condivisione di idee e conoscenze tramite un nuovo media di rivista.
Proprio dalla sopra descritta selezione di articoli, si ritaglia un piccolo spazio di divulgazione scientifica sulle esperienze scolastiche di nanotecnologie in Italia, il blog “Dieci alla meno nove”, parlando di tutte quelle iniziative didattiche per introdurre le nanotecnologie nei programmi della scuola secondaria di secondo grado.
L’articolo sulle nanotecnologie che è pubblicato nella rivista n.9 di gennaio 2010, avrà una gran potenzialità di visibilità poiché BlogMagazine è scaricato mediamente da oltre settemila lettori.
Per dare un’idea sulla potenziale visibilità di un articolo di nanotecnologie su questa rivista on-line, riporto qualche spunto da un post che paragonava BlogMagazine a Wired Italia: “Se Wired Italia ha il gravoso compito di portare una voce nuova nel panorama IT italiano fornendo nuove chiavi di lettura nel mondo dell’innovazione e proponendo contenuti che ricalcano l’impostazione di quelli della testata madre americana, adattati comunque alla realtà italiana, BlogMagazine ha, invece, l’onorevole compito di dare voce a tutti gli autori della blogosfera italiana, famosi e non, senza distinzione di sorta se non per la qualità dei contenuti che offrono, candidandosi di fatto a divenire una rivista fatta dai blogger per i blogger!”
Alla scadenza del suo primo anno di vita “Dieci alla meno nove” si regala in questo modo un’importante pubblicazione, rinforzando la sua mission divulgativa.
Per approfondimenti si invita a leggere il seguente link:
http://www.blogmagazine.net/gennaio_2010.php?pag=32